NATALE DI UMILTÀ

Questi giorni di festa rischiano di rendere incomprensibile il significato del Natale, nascondendolo sotto un cumulo di banali emozioni, scintillanti colori o di deliziosissimi cibi ed esibiti gesti di carità.
Ma quale significato ha il Natale? Cosa mostra al mondo di così straordinario? Che valore ha per essere celebrato da secoli?
Queste domande esigono una risposta autentica, che sappia dire la verità taciuta da un atteggiamento tradizionale, che vede nella nascita del Signore solo un’occasione di festa, continuando a vivere come sempre, come se Dio non esistesse, come se l’umanità non avesse bisogno che di baldoria e stordimento.
Queste domande, accolte con serietà, ci aiutano a liberare il volto di Dio dagli inutili e blasfemi veli che la nostra immaginazione ha creato per non riconosce la Bellezza che salva, quella che libera il cuore dell’uomo dalle tenebre della falsità e dalla ricerca continua di un’ingannevole grandezza.
Il Natale è innanzitutto la rivelazione di Dio per noi. Dio rivela ciò che è attraverso ciò che fa. Se nasce, vuol dire che nella sua nascita ci dice ciò che Egli è; ci mostra i caratteri inequivocabili del suo vero volto. Il Natale dice un paradosso: l’infinitamente grande, colui del quale non possiamo pensare nulla di più grande, si fa piccolo, si fa uomo. Questo ci annuncia che la gloria di Dio sta nella sua essenziale umiltà. Sì, il Dio onnipotente è potenza di umiltà, è illimitata capacità di farsi piccolo, di ritrarsi, di nascondersi.
Se Dio è amore, non può che essere umile. L’umiltà è farsi piccolo di fronte a chi è più piccolo. Mentre il farsi piccolo di fronte a chi è più grande è semplicemente gentilezza, educazione, o può dire sottomissione. L’amore, invece, è umiltà, è capacità di servire la vita dell’ultimo e del povero: di chi non può ricambiare, di chi non è capace di reciprocità.
Nella nascita di Gesù bambino, Dio narra il suo amore incondizionato per l’uomo, e lo fa mediante la sua essenziale umiltà, che denuncia il male più grande presente nella vita dell’uomo: la superbia.
A Natale, noi contempliamo la ‘follia’ dell’amore umile di Dio, incondizionato, senza reciprocità, che per noi è stoltezza. Come dice san Paolo: ‘Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini’ (1Cor 1,25).
Quando noi facciamo l’esperienza di amare senza essere amati, diventiamo vulnerabili alla disperazione; impazziamo, entriamo nella nebbia invincibile della follia e diventiamo violenti, vivendo con rabbia ogni relazione nella quale non ci sentiamo amati dall’altro. Ma Dio invece, continuando ad amare senza essere ricambiato, mostra la sua potenza in ciò che per noi è follia e debolezza.
Dunque, la nascita di Gesù chiede all’umanità, alla Chiesa e a ciascun uomo di riconsiderare la propria capacità di amare nell’ordine dell’umiltà. Se la povertà appartiene all’ordine dell’avere, l’umiltà appartiene all’ordine dell’essere. A Betlemme, noi contempliamo l’umiltà di Dio più che la sua povertà. È nell’umiltà che si trova l’anima dell’amore di Dio e del nostro amore. È nell’umiltà che si trova l’essenza del Natale e dello spirito con cui siamo chiamati a vivere questa festa. Buon Natale!