Con il decreto “In missa in cena Domini” la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha rivisitato la rubrica del Messale Romano sulla lavanda dei piedi: d’ora in poi, si legge nel decreto, nel “gruppetto di fedeli che rappresenti la varietà e l`unità di ogni porzione del popolo di Dio” ci potranno essere “uomini e donne, e convenientemente di giovani e anziani, sani e malati, chierici, consacrati, laici”.
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C’è una terra che non dovremmo mai dimenticare, perché è stata scelta da Dio per rivelare al mondo il suo volto di amore e di misericordia. È una terra tanto amata da Dio e, nel contempo, provata da continue guerre, divisioni di popoli, contrasti religiosi, tensioni tra confessioni cristiane diverse. È un concentrato di contraddizioni ed un invito a stare nel dramma della vita e della storia.
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Potremmo mai presentarci un giorno al cospetto di Dio con le mani vuote? Se così avverrà, potremmo sentirci giustificati dal fatto che la disperazione ci ha gelato ogni entusiasmo nel mettere a frutto le capacità che ci sono state donate con la stessa vita?
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Sicuramente la vita è fatta di tante scelte, ma prima di farle è necessario che essa sia accolta, sia accettata con gratitudine. Se non la si accoglie come un dono, si rischia di viverla con avversione o con possessione.
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La gioia è per tutti il frutto immediato della soddisfazione dei propri desideri e dei propri bisogni, è l’effetto del piacere che genera l’appagamento. Così, oggi, molti la intendono e la vivono.
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Fabrice Hadjadj (Nanterre, 1971) è uno scrittore e filosofo francese. Ateo in gioventù, si converte al cattolicesimo nel 1998. Un giorno si trovava nella chiesa di Saint-Severin insieme a un suo amico. In questa chiesa c’è una cappella con una statua della Madonna di Nostra Signora del Buon Consiglio circondata da ex-voto.
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La terra su cui viviamo, le strade che percorriamo, le case che abitiamo, l’arte presente nella nostra città, sono un dono che ci viene dal passato. Non c’è gioia più grande che custodirlo perché possa essere trasmesso a chi abiterà in futuro la stessa terra.
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