LA NUOVA FRONTIERA DELLO SMART WORKING

Per prima cosa, liberiamoci dall’inglese imperante e diciamolo in italiano: lavoro agile.
L’organizzazione del lavoro nelle aziende e nella pubblica amministrazione è sempre argomento delicato. Se, da un lato, si può pensare che lavorare a oltranza aumenti la produzione secondo l’equazione “più ore uguale più prodotto”, dall’altro, è più che noto che un lavoratore stanco, demotivato, preoccupato per gli affari della vita privata produca molto meno. Agli albori della rivoluzione industriale, si equiparò l’uomo alla macchina: la macchina lavora ininterrottamente e anche l’uomo deve farlo. Le cose, però, fin da subito non andarono lisce; gli operai giustamente cominciarono a ribellarsi e, lentamente, lotta dopo lotta, negli anni ’70, si è arrivati alla situazione lavorativa attuale fatta “più o meno” di 40 ore lavorative settimanali (diciamo più o meno perché continuano ad esserci decine di categorie che lavorano anche oltre le 60 ore settimanali. Basti pensare ai piccoli negozi sotto casa a conduzione familiare costretti ormai a lavorare su 6 giorni per l’intera giornata).
Tutto questo, però, ancora non è sufficiente e alcune aziende se ne sono accorte. Se il tuo dipendente lavora per te dalle 8 alle 17 e, magari, per fare casa-lavoro, impiega un’ora, avrà poco tempo per la famiglia, si assenterà spesso, farà ritardo, avrà la testa tra le nuvole e tutto questo si traduce sempre in scarsa produttività. Come ovviare? Bisognerebbe lavorare ancora meno? Beh, purtroppo sotto una certa soglia non si può scendere. Per fare le cose ci vuole tempo e per farle bene ancora di più. La soluzione sembra essere quella di introdurre più flessibilità nell’orario e nei modi di lavorare. Per molte categorie di lavoratori “da ufficio” non è strettamente necessario essere sul posto di lavoro per lavorare ma è possibile tecnicamente svolgerne buona parte, ad esempio, da casa. In questo modo, si perde meno tempo nei tragitti casa-lavoro, si spende meno, si può ritagliarsi una mezz’ora per portare o prendere i figli a scuola il tutto a beneficio della vita personale. E la produttività? Quella non si perde, anzi, si è visto che quasi sempre incrementa.
Per questa ragione, si è cercato, negli ultimi anni, in Italia di regolamentare questa modalità lavorativa introducendo con la legge 81/2017 e con la direttiva n. 3 del 2017 il cosiddetto lavoro agile, fissando come obiettivo minimo che almeno il 10% dei lavoratori usufruisca di questa modalità lavorativa entro tre anni. Chiaramente il tutto, per funzionare, ha bisogno di alcuni requisiti imprescindibili. Innanzitutto, c’è bisogno che la prestazione lavorativa sia compatibile con il lavoro da casa; se sei un autista di bus, beh, è difficile da casa! Poi, c’è bisogno che la prestazione lavorativa sia in qualche modo misurabile in modo oggettivo: non vogliamo, certo, che il concetto di lavoro agile venga equiparato allo “sto a casa e faccio i fatti miei”. Infine, c’è bisogno di una organizzazione tecnica e tecnologica che permetta la prestazione lavorativa da casa.
Purtroppo, questo ultimo punto è quello che, in molte pubbliche amministrazioni, ferma la diffusione del lavoro agile. Questa cosa si è vista sopratutto in questo periodo di emergenza. Alcune pubbliche amministrazioni che già stavano adottando politiche di lavoro agile hanno dovuto semplicemente (si fa per dire) consentire alla quasi totalità dei lavoratori la modalità agile. Quelle amministrazioni che non erano pronte invece hanno dovuto interrompere quasi completamente l’erogazione dei servizi. Capiamoci: in ogni caso, il lavoro agile non può essere applicato a tutto il personale contemporaneamente. Esistono dei servizi che non possono essere del tutto gestiti in modalità agile (ad esempio, i servizi di anagrafe, che si possono, in buona parte, gestire in modalità agile necessitano sempre di qualcuno allo sportello per il pubblico) e, in ogni caso, il contatto col collega, lo scambio di idee faccia a faccia sono sempre il miglior strumento comunicativo.
Si è, infatti, parlato, finora, dei vantaggi per il lavoratore della modalità agile ma ci sono anche dei coni d’ombra. Il primo è l’isolamento del lavoratore che si trova sempre e solo davanti a un monitor o al telefono. Certo, ci sono le videochiamate di gruppo ma chi di noi in questo periodo di isolamento, pur chattando con amici e parenti, non ha voglia di sedersi a tavola con loro e fare due chiacchiere faccia a faccia! Poi, c’è il problema dell’orario di lavoro che non finisce mai. In modalità agile, si può avere la sensazione che la giornata lavorativa non finisca mai: ci si sveglia e si controlla la mail alle 7 del mattino e alle 22, sul divano, si risponde al collega, si programma la giornata seguente. Ci vuole molta organizzazione, disciplina da parte del datore di lavoro e autodisciplina nel separare la vita e il lavoro quando gli spazi non sono più divisi fisicamente.