IL MONDO DEI FIGLI NELLA REALTA’ DEL COVID-19

Febbraio 2020: l’Italia conosce da vicino il Covid-19. Nessuno di noi dimenticherà mai quei momenti, l’incredulità, l’incertezza, la paura e, sempre più, quella sensazione di claustrofobia e il terrore di poter essere un pericolo per i nostri cari. Pian piano questo strano letargo è diventato una prigione dorata, una guerra pacifica ad un nemico invisibile che ci ha trasformati in cuochi, falegnami, parrucchieri (improbabili, almeno per quel che mi riguarda), siamo diventati cantanti e influencer da balconi e panifichiamo… panifichiamo! Il lievito per noi non ha più segreti.

Se noi adulti abbiamo trovato un modo, una spiegazione, un’alternativa telematica agli affetti, per i nostri figli non è stato lo stesso, a loro è stato tolto molto più che a noi, il tempo dei giochi, dello studio, della classe e gli abbracci dei nonni. Le giornate si susseguono, una uguale all’altra e il tempo si dilata di una trama infinita che sconvolge completamente i loro orari, ci si sveglia tardi si va a letto tardi ribaltando quanto i bambini abbiano di più saldo: la routine. Sì, perché la routine è un caposaldo delle loro certezze e ne alimenta la tranquillità. Siamo passati dal correre, dallo stare a casa coi nonni perché mamma e papà lavorano, alla stasi, alla sedentarietà.

Da pochi giorni, siamo entrati in una nuova realtà quella della didattica a distanza, fatta di “Prof, non sento!” e “Maestra, il collegamento è saltato” ma, in tutta onestà, guardare i loro insegnanti negli occhi è la cosa più vicina alla normalità che i nostri figli possano avere in questo momento. Molto più dei genitori, gli insegnanti sono il reale, sono lo sguardo sul mondo.

In verità, quando guardiamo i nostri figli negli occhi, essi ci rassicurano con sorrisi e sguardi pieni di premure come se si preoccupassero di non farci preoccupare. Cosa realmente hanno nel cuore questi bambini resta un mistero arduo da dipanare. Nei loro disegni, molto spesso, il virus è una presenza enorme, ma non è mai mostruoso e tutto è legato dalla speranza, questo arcobaleno che consola i nostri figli e invita noi genitori a sperare che tutto andrà bene. Non possiamo fermarci al loro sorriso, dobbiamo parlar loro delle nostre paure ed invitarli a fare come noi, essere sinceri e colmare le loro ansie con certezze, o quanto di più simile abbiamo ad esse. Stando in casa, possiamo creare delle nuove routine, un appuntamento in videochiamata con i pezzi mancanti della famiglia, un giorno dedicato al gioco o a cucinare insieme e, in questo tempo rilassato, offriamo loro serenità e certezze ma anche i nostri dubbi e le nostre paure. Forse, così, si sentiranno meno soli.

Un discorso a parte meritano i figli delle mamme e dei papà che continuano a lavorare, soprattutto coloro che lavorano nella sanità, quelli che i bambini disegnano come supereroi. Da soli, dietro ad un computer, spaventati da quello che trovano in rete, e da tutto quello che sentono in tv, restano intrappolati tra la paura di quello che potrebbe accadere ai loro genitori ed, allo stesso tempo, alleggeriti dalla delicatezza della loro età. Per loro, il tempo coi genitori non esiste, esiste solo il tempo della paura e dei compagni di classe virtuale.

I bambini o i ragazzi non vanno lasciati soli, ora più che mai, davanti alla tv o ai social media. Il sovraccarico di informazioni genera ansie, come per noi adulti, che si amplificano per colpa delle emozioni incontrollate e delle fantasie dei bambini. Rassicuriamoli riguardo a quello che i nostri governanti fanno per noi per rafforzare le loro certezze e siamo per loro esempio: rispettare le regole sarà utile a noi stessi e di esempio per i nostri figli, ma soprattutto ascoltiamoli, lasciamo tutto, prendiamoci un minuto per sederci e porre i nostri occhi all’altezza dei loro. Troveranno conforto nella condivisione della prospettiva, prendiamoli per mano, tiriamo un bel respiro e ascoltiamoli.

E poi, qualche volta, lasciamoci andare senza regole alla pazzia infantile che muove i nostri ragazzi: ne gioveremo entrambi!