RIAPERTURA ESERCIZI COMMERCIALI: LA TESTIMONIANZA DI ANNARITA PANE

Dal 4 maggio, si entrerà ufficialmente, con molta prudenza, nella Fase 2. A prescindere dalle critiche, mosse, da più fronti, al Governo, per la riapertura degli esercizi commerciali al dettaglio, si dovrà attendere il prossimo 18 maggio. Al termine della fase 1, una prima riapertura è stata concessa, dal 14 aprile, ai negozi di vestiti per bambini e neonati, poi ricalibrata, a mezzo ordinanza regionale, per le sole giornate di martedì e venerdì nel solo orario mattutino. A Boscoreale, dunque, la prima a riaprire è stata Annarita Pane, titolare di un negozio di vestiti per bambini a via Tenente Angelo Cirillo. Raccontiamo, di seguito, le sue impressioni.

Il tuo è stato, forse, il primo esercizio commerciale a riaprire in paese. Qual è stata la tua sensazione il primo giorno?

La mia storia è un po’ diversa. Prima di questa quarantena, avrei dovuto chiudere l’attività. In quarantena, tuttavia, ho sperimentato la vita casalinga e ho deciso di continuare a tenere aperta l’attività nonostante, adesso, sia ancora più difficile. Il primo giorno c’era la paura, da una parte, ma, allo stesso tempo, la voglia di ritornare a fare la vita di sempre perché, almeno per me, restare in casa è stato molto pesante. Quella paura la porti dietro ogni volta che vieni in negozio perché bisogna far capire ai clienti che devono mantenere le distanze, mettere la mascherina e non tutti sono propensi a rispettare queste semplici regole.

Quali sono i disagi principali nel rapporto con la clientela?

Non è che le persone comprano e pagano solamente. Io devo mostrare la merce ed, in qualche caso, dobbiamo aprire scatole o buste ed è, comunque, difficile mantenere le distanze. Dobbiamo mettere la mascherina e cercare di stare attenti quanto più possibile.

C’è stato qualche episodio particolare in questi giorni di riapertura? È cambiato qualcosa rispetto a prima?

Non è cambiato assolutamente nulla, se devo essere sincera. A livello di lavoro, si lavora poco e niente. Si nota la contentezza delle persone che, comunque, vedono, di nuovo, riaprire qualche attività. È un primo passo verso la normalità, anche se piccolo, ma si comincia a percepire un piccolo ritorno a prima. C’è quella voglia, da parte di tutti, di ricominciare a fare la vita sempre.

Per quanto riguarda il commercio, cosa si dovrebbe fare dopo questa crisi?

A livello nazionale, stiamo, comunque, percependo i contributi stanziati. Penso che si stia, comunque, facendo qualcosa, anche se non di eclatante. Io dico sempre “Stiamo in una guerra” e, come in ogni guerra, non si può pensare di uscirne come prima. Dobbiamo mettere in preventivo di perdere qualcosa tutti. A livello comunale, mi aspettavo che il sindaco facesse o almeno dicesse qualcosa verso i commercianti. Non dico togliere per due mesi la tassa sui rifiuti, ma dare quel segno di speranza, un segnale di tutela per non costringerti a chiudere.

Qual è il principale problema per un commerciante che, oggi, è costretto a riaprire dopo la chiusura?

Penso le scadenze. Dovendo chiudere, avevo annullato tutti gli ordini dell’estivo. Per chi deve aprire e ha merce a terra, già acquistata, sono scadenze che bisogna pagare. Magari, non adesso, ma tra un mese o due mesi. Tuttavia, credo che la situazione tra un mese-due mesi non cambi economicamente. Chi ha fatto grandi ordini, soprattutto nell’abbigliamento, lo tiene a terra. Non si può smistare né smaltire perché non ci sarà la richiesta quest’anno ed, inoltre, le aziende non riprendono la merce già acquistata.

Come vedi Boscoreale nel post-pandemia?

Già veniamo dalla gavetta, dico io, già abbiamo superato momenti critici. I commercianti di Boscoreale già sono abituati a stare sul fronte di guerra perché non è facile lavorare in questa realtà. Prima della pandemia, la persona di Boscoreale era già portata ad uscire dal suo paese e, quindi, far girare l’economia dei paesi limitrofi e dei centri commerciali. Spero che, adesso, vedendo il piccolo negozietto sotto casa, si rendano conto dell’utilità che ha avere attività aperte nel proprio comune. Non solo per un giro di economia, ma anche per una propria necessità. Dovrebbe essere questa la lezione numero uno per Boscoreale, anche se sono titubante sul fatto che venga pienamente compresa.