L’EMERGENZA COVID-19 E LE MISURE A SOSTEGNO DELL’ECONOMIA

L’emergenza COVID-19 ha sicuramente messo in ginocchio l’economia nazionale, e nel dettaglio, quella della nostra regione e del nostro comune boschese. Sarebbe stato opportuno costituire sin da subito una “task force economica“ che avrebbe dovuto avere come unico obiettivo il sostegno alle imprese, in particolare alle piccole imprese, che, in seguito ad una chiusura improvvisa, che proseguirà fino al 3 maggio e, forse, anche oltre, hanno subito gravi perdite sia nel brevissimo termine sia nel medio e lungo termine.

TIMORI SULLA RIPRESA FUTURA. Il ristoro economico programmato, a livello nazionale e a livello regionale, rappresenta un piccolo ristoro parziale del danno subito per effetto della chiusura totale delle attività, considerato che circa una impresa su tre preferirà non aprire i battenti quando sarà possibile ricominciare, perché non avrà né la forza finanziaria né la volontà a farlo. Basti pensare ai ristoranti o alle pizzerie, dove il dilemma sarà: come si distribuiranno i tavoli per consentire al consumatore di essere in sicurezza? La domanda più importante dal punto di vista economico sarà: come dovrà organizzarsi il ristoratore/balneare affinché il rapporto costi benefici di questa nuova organizzazione aziendale produca introiti che consentiranno di pagare i mutui/finanziamenti in corso, i fornitori, le imposte e tasse (che ricordo sono state semplicemente spostate di scadenza ma non eliminate), i dipendenti, gli affitti, i consumi delle utenze (acqua, luce, gas), i contributi INPS e Casse Previdenziali, i debiti contratti con lo stato (rateizzi con ex Equitalia e già Agenzia Entrate Riscossione), i debiti verso le banche etc…? Nell’andamento del trend economico di breve e medio periodo bisogna tener conto delle abitudini pre-Covid-19 del consumatore e quelle post, che sono profondamente cambiate, e il timore è che, alla riapertura delle attività, l’atteggiamento del consumatore medio sarà quello di fossilizzarsi sui prodotti primari tralasciando i cosiddetti beni di secondaria importanza. La nostra economia si basa prevalentemente sulla vendita di prodotti alimentari, di somministrazione e artigianale, questi ultimi strettamente legati tra loro dal volano turismo. La crisi da COVID-19 ha letteralmente messo in ginocchio le imprese del settore. Immaginiamo solo per un attimo se si andrà al mare questa estate. Come si regolerà il rapporto tra vicini di ombrellone?

STRUMENTI GOVERNATIVI. Per fronteggiare questa crisi economica considerata dagli economisti di fama mondiale peggiore di quella della crisi del ’29 e della seconda guerra mondiale, la politica ha messo in campo degli strumenti per sostenere le imprese. Il Governo nazionale ha messo in campo strumenti chiamati “Bonus salva impresa” come da DPCM “Cura Italia”. Ovvero, inviare alle imprese una somma a forfait di euro 600,00 (non a tutte, perché ne potevano beneficare solo quelle che erano iscritte all’INPS come artigiani/commercianti/Gestione separata) e ai professionisti iscritti agli Ordini professionali con fatturato fino ad euro 35.000,00 o se superiore ai 35.000,00 ma fino ad euro 50.000,00 purché abbiano subito una riduzione di fatturato del 33% nel confronto tra il mese di marzo 2020 rispetto a marzo 2019. Tale ristoro subirà ulteriori restrizioni da aprile, perché sono in programma ulteriori criteri di ristrettezza che terranno conto del fatturato e di altri fattori che ridurranno il numero di possibili beneficiari dell’incentivo in quanto si sta ipotizzando di elevarlo ad euro 800,00. Le imprese che non avevano alcuna iscrizione all’INPS (perché ve ne sono di alcune che non possono iscriversi per la loro natura) sono state tagliate fuori da questa tipologia di incentivo (ad esempio, le piccole industrie che, non avendo il requisito di artigianalità, non sono iscrivibili). In aggiunta, sono stati considerati interventi a favore delle imprese “Finanziamenti” fino a 25.000,00 interamente garantiti dallo Stato e con risorse limitate. Per cifre superiori a 25.000,00 e fino al 25% del fatturato aziendale con garanzia parziale dello Stato. A sostegno dei lavoratori dipendenti, si è adottato il criterio della CIG in deroga per una durata di nove settimane (Cassa Integrazione Guadagni), vecchio strumento di ammortizzatore sociale che, data l’emergenza COVID-19, è stato esteso, appunto in deroga, anche alla piccole imprese aventi un solo dipendente altrimenti escluse da tale ammortizzatore. Al riguardo, si era sostenuto, da parte degli ordini professionali in prima linea (ODCEC e CdL), di evitare la solita trafila burocratica per richiedere tali supporti economici. Infine, ci si è ritrovati a fronteggiare le richieste di Cassa integrazione con criteri quasi analoghi a quelli ordinari. Senza discutere sulla qualità dei siti istituzionali preposti che richiedevano, in una epoca di fibra ottica, una eternità per potervici accedere.

GLI INTERVENTI REGIONALI. Dal punto di vista regionale, sono stati stabiliti dalla Regione Campania dei ristori chiamati BONUS a fondo perduto di euro 2.000,00 per tutti gli imprenditori (questa volta includendo anche le cosiddette piccole industrie escluse dall’appannaggio nazionale), ed euro 1.000,00 a favore dei professionisti, con qualche limitazione rispetto all’appannaggio del Governo. Tali incentivi sono partiti ieri.

ANALISI DEGLI EVENTI. Analizziamo le criticità degli interventi. Il bonus una tantum di euro 600,00 ha rappresentato una goccia nell’oceano in quanto, da tale appannaggio, sono state appunto escluse le piccole industrie ma anche tutti i professionisti che avevano un fatturato compreso tra i 35.000,00 e i 50.000,00 euro lordi, perché il primo trimestre 2020, preso a rifermento, non subiva alcuna variazione rispetto a quello dell’anno precedente. Peraltro, la crisi è iniziata proprio dalla metà di marzo. Quindi, gli effetti devastanti si avranno sui mesi di aprile, maggio e giugno in particolare. Inoltre, il prestito garantito dallo Stato si rileverà una beffa in quanto le imprese non solo dovranno fronteggiare le perdite derivante dalla chiusura forzata per effetto del COVID-19 ma anche quelle a venire a cui aggiungere la restituzione del debito verso le banche, alle quali non è stato ben chiarito che i tassi di interesse devono essere quasi prossimi allo zero. La conseguenza è che l’istruttoria del prestito è quella di un normale finanziamento e che le banche stanno già chiedendo alle imprese che vi si sono approcciate tassi che arrivano, a discrezione della filiale, anche al 6%. In pratica, chi dovrà sopportare il costo economico di questa emergenza COVID-19 saranno le imprese che fronteggeranno la crisi con una perdita secca, e un debito in accollo per il futuro, con la prospettiva di non riuscire a pagare la rata mensile da restituire e da aggiungere alle altre in corso (mi è molto piaciuta l’affermazione che “i caffè non presi a marzo ed aprile al bar non li prenderò più…” a dimostrazione della perdita effettiva subita da chi ha dovuto repentinamente chiudere). Dulcis in fundo, resta al palo il supporto alle famiglie meno abbienti che si mantenevano con piccoli lavoretti o i cui coniugi svolgevano lavori di fortuna e che con l’avvento della crisi sono entrati in un vortice di misera economica ancora più forte. Fortuna che di questi tempi esiste ancora la Caritas, la Regione Campania e l’unione dei comuni di Torre Annunziata/Boscoreale/Boscotrecase/Trecase che hanno previsto dei sostegni primari a queste famiglie bisognose. Non dimentico neanche le tante persone che volontariamente hanno dato luogo al fenomeno della “spesa sospesa”, che ha fatto rinascere una solidarietà sociale dimenticata con tutta la massima dignità possibile per chi la riceve.

CONTESTO GENERALE E CONCLUSIONI. In questo contesto generale, ha ceduto anche l’Europa che, con la sua Unione, ha dimostrato di essere molto disunita sulle decisioni di politica economica, in quanto resta ancora una netta e profonda distinzione tra il pensiero politico del cittadino medio del nord dell’Europa rispetto a quello del sud dell’Europa. Il nord Europa chiede ancora ai suoi politici presenti nell’Unione Europea di non condividere i problemi dei “cialtroni” del sud perché siamo visti come tali, cioè quelli che non lavorano, che rubano, che spendiamo senza conservare. Quelli del sud Europa, invece, chiedono che i problemi anche economici vadano condivisi, non ultima l’emergenza da COVID-19 che, inizialmente, è stata vista come una peste solo italiana e che, poi, si è dimostrata essere una pandemia mondiale. In conclusione, il mostro “COVID-19” ha semplicemente, nella sua invisibilità all’occhio umano, evidenziato tutti i mali della nostra società moderna e, di conseguenza, i suoi fallimenti a partire dalla globalizzazione economico/sociale, a finire a quella politica e a livello nazionale che europea. Tutto ciò comporterà inevitabilmente un cambiamento, soprattutto, nel modo di consumare e di fare società nel prossimo futuro, e un riscoprire nella fede in Dio (per chi è credente) una risposta sincera e diretta alle soluzioni quotidiane, ritornando a guardare la società in cui viviamo con occhi semplici, dandosi obiettivi a breve termine e raggiungibili, riscoprendo l’importanza del rapporto umano e della solidarietà sociale, ma, soprattutto, incentivandoci di più a pregare e a credere che abbiamo ancora una speranza nel nostro percorso di vita che è rappresentata da Dio.