LA FEDE OLTRE IL LOCKDOWN

In questo periodo, in cui siamo confinati nelle nostre case come i primi discepoli lo erano dopo la resurrezione, siamo chiamati dal Crocifisso risorto a riflettere su come affrontare la vita quando sarà possibile oltrepassare la soglia delle nostre case. Con quale consapevolezza affronteremo la ripresa? Cosa è cambiato o cosa dovrà cambiare? Sarà possibile ritornare alle stesse abitudini di prima? È cambiato qualcosa nella coscienza comune? Come abbiamo alimentato la nostra fede in questo periodo?

Non è facile rispondere a queste domande. Staremo a vedere. Tuttavia, dobbiamo prepararci ad uno scenario diverso da quello a cui eravamo abituati. Eravamo come un treno in corsa che, con le sue soste e le sue accelerazioni, dettava le regole della nostra vita. Ne abbiamo fatto un modello di sviluppo nonostante i suoi limiti. Ma, a causa di un virus, ha mostrato delle vulnerabilità inimmaginabili, imprevedibili, inaspettate.

Credo che tutti dobbiamo prendere consapevolezza, senza illusioni, che la ripresa non sarà caratterizzata dallo stesso ritmo e dalle stesse consuetudini di prima. Come hanno ribadito i vescovi (Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana del 16 aprile), una prima lezione per noi «riguarda la sobrietà, l’essenzialità, la semplificazione» con cui sarà configurata la vita che verrà. Ciò è importante per la vita sociale e per la vita di fede. Molti ritengono che le persone non sono per nulla cambiate in questo tempo di quarantena. Ma, se il cambiamento non sarà avvertito come esigenza interiore, sarà imposto dalle condizioni esteriori.

Le stesse celebrazioni liturgiche saranno vissute con lo stile della sobrietà e della semplicità. Dobbiamo già pensare che nelle chiese non potranno esserci affollamenti, perché sarà richiesto il distanziamento. Per cui il numero dei fedeli sarà limitato. Potremmo già immaginare battesimi, matrimoni e prime comunioni vissuti nell’essenzialità di una fede che si purifica da tutto ciò che è superfluo. La stessa esperienza di fede vissuta in queste settimane, riconosciuta da tutti come forza per affrontare questo tempo di quarantena, ci ha già introdotto più o meno in questo stile. Gli incontri di catechesi, poi, richiederanno uno sforzo creativo e una nuova capacità di comunicazione. Se fino ad ora abbiamo solo ipotizzato e riflettuto sul ruolo dei genitori nella catechesi dei figli, adesso è sicuramente richiesto un loro maggiore coinvolgimento nella crescita della loro fede. Lo stesso servizio di carità dovrà essere affrontato con una nuova modalità. In definitiva, ci è chiesto un nuovo modo di progettare la vita pastorale.

Si aprono nuovi scenari anche rispetto a temi già al centro della riflessione comune, ai quali adesso dovremmo dare maggiore attenzione. Non mi riferisco solo al tema del lavoro. In questi giorni abbiamo ascoltato solo scienziati ed economisti. E ciò va benissimo. Ma ci sono altri aspetti che vanno considerati: il valore della vita che comprende anche la malattia e la fragilità, l’educazione, la comunità, la solidarietà, etc.

Le risorse non ci mancano per vivere la fede oltre il lockdown. Ci è chiesto di essere coraggiosi e di credere senza vedere, sapendo affrontare le contraddizioni della vita con amore e misericordia.