L’EVOLUZIONE DEL MONDO DEI BULLI

“Uno solo poteva ridere mentre Derossi diceva dei funerali del Re, e Franti rise. Io detesto costui. È malvagio. Quando viene un padre nella scuola a fare una partaccia al figliuolo, egli ne gode; quando uno piange, egli ride. Trema davanti a Garrone, e picchia il muratorino perché è piccolo; burla perfino Robetti, quello della seconda,che cammina con le stampelle per aver salvato un bambino. Provoca tutti i più deboli di lui, e quando fa a pugni, s’inferocisce e tira a far male”.Edmondo De Amicis in “Cuore”consegna ad Enrico la descrizione di uno scolaro che oggi chiameremmo certamente bullo.Ponendone in evidenza la mancanza di empatia, la prepotenza e la prevaricazione nei confronti dei deboli e la debolezza verso i forti.Asimmetrie relazionali tra coetanei sono presenti in ogni tempo ed in ogni luogo, mavi è una crescita esponenziale legata anche all’utilizzo delle nuove tecnologie, dando vita al non meno pericoloso cyberbullismo. Gli ultimi episodi di violenza su minori da parte di coetanei hanno messo in evidenza il fenomeno delle baby-gang.E’ benefare una distinzione tra bullismo, cyberbullismo e baby-gang. I primi due sono fenomeni individuali, messi cioè in atto da un unico individuo prevaricatore che sceglie la sua vittima ed in forma reiterata compie nei suoi confronti atti di violenza. Il fenomeno delle baby-gang è un’amplificazione del bullismo, che nasce nelle periferie, soprattutto delle grandi città, per poi spostarsi anche nei quartieri bene, figlio di un’idea di criminalità come trasgressione ludica, che ha radici nella crisi dei nuclei familiari come fucine di affettività ed empatia e in un modello di società in cui  si richiede di mascherare le insicurezze, in cui vali se sei forte.Franti, in fondo, era anche lui una vittima, vittima di una diversità sociale, di un astio nei confronti del mondo, di un amore non dato; siamo sicuri che coloro che chiamiamo bulli o giovani criminali non siano essi stessi vittime di un “sistema”, in cui l’Amore è relegato a bacini con il cuore e non ad atti concreti di condivisione, in cui gli adulti di riferimento spesso sono disorientati o peggio latitanti nella loro funzione educativa, in cui il ben-essere è visto come accumulo di cose e non di contenuti?