AL VAGLIO DELLE COSCIENZE LE UNIONI CIVILI

Quotidianamente si sente spesso pronunciare la frase “siamo tutti uguali” quasi con una volontà propagandistica di voler affermare il principio contenuto dall’art. 3 della carta costituzionale. L’uguaglianza, ai nostri giorni, è un valore da pronunciare con rispetto, perché non siamo tutti uguali, anzi siamo tutti diversi. Siamo diversi in tutto, e tale diversità biologica o comportamentale dovrebbe essere valorizzata. La diversità è la fonte primaria di arricchimento, perché consente a ciascuno di ampliare i propri orizzonti. Negli ultimi mesi il binomio diversità-uguaglianza primeggia nei discorsi, soprattutto se si parla della proposta di legge avanzata in senato: il ddl n. 1211, meglio noto come il ddl Cirinnà, dal nome della senatrice che l’ha sottoscritto. Argomento, questo delle unioni civili, che crea innumerevoli dibattiti, in quanto si discute di argomenti che toccano l’intimità ed i valori più profondi di ciascuno.

LE FONTI DELLA NUOVA NORMA

La proposta di legge poggia sull’esigenza di rispondere ad un’istanza del Parlamento europeo che, con una risoluzione sul rispetto dei diritti umani nell’Unione europea del 16 marzo 2000, ha chiesto agli Stati di «garantire alle famiglie monoparentali, alle coppie non sposate ed alle coppie dello stesso sesso, parità di diritti rispetto alle coppie ed alle famiglie tradizionali in particolare in materia di legislazione fiscale, regime patrimoniale e diritti sociali». Inoltre la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea approvata a Nizza il 7 dicembre 2000, tutela i rapporti familiari a prescindere dal fatto che trovino il loro fondamento nell’atto contrattuale del matrimonio o siano diversamente costituite. A distanza di ben 13 anni, l’Italia è rimasta tra i pochissimi Stati europei, malgrado le numerose proposte di legge, a non prevedere alcuna tutela delle convivenze, in modo particolare delle coppie gay, e non sono state adottate misure effettive per garantire la parità dei diritti auspicata dal Parlamento europeo e contemplata dagli Stati membri.

GLI ISTITUTI PREVISTI

Il presente disegno di legge propone l’istituzione di un registro delle unioni civili per le coppie dello stesso sesso, equiparando i diritti economici, ivi compresa la reversibilità delle pensioni, propone, altresì, l’istituzione di un patto di convivenza che consente la condivisione di alcuni diritti di civiltà, quali l’assistenza sanitaria e penitenziaria, nonché la possibilità di subentrare nei contratti di locazione.

LA STEPCHILD ADOPTION

Ciò che maggiormente ha scosso le coscienze però è l’istituto della «stepchild adoption», mutuato dalla Civil partnership inglese, che consente l’adozione del «figlio minore anche adottivo dell’altra parte dell’unione».

In Italia l’adozione in casi particolari è disciplinata sin dal 1983 con Legge 4 maggio 1983, n. 184 “Diritto del minore ad una famiglia” e permette l’adozione del figlio del coniuge, purché vi sia il consenso del genitore biologico e a condizione che l’adozione corrisponda all’interesse del figlio. Approvare la proposta fatta con il ddl Cirinnà potrebbe portare all’utilizzo della pratica dell’utero in affitto, in cui una coppia dello stesso sesso può fittare una gestante. In poche parole tali coppie acquistano un figlio. Pratica considerata reato in Italia.

CONSIDERAZIONI

Consentire ad una coppia omosessuale di avere un figlio ha generato molti mal contenti e questo è comprensibile proprio alla luce di quel rispetto dell’uguaglianza, o meglio delle diversità che contraddistingue il principio in base al quale si è voluta questa legge. Rispettare la diversità significa anche avere il coraggio di non andare contro la natura umana e divina, che ha voluto e creato una famiglia eterosessuale, in cui un figlio generato o meno naturalmente dalla coppia, abbia il diritto di vivere una realtà familiare che sia “uguale” a quella dei suoi coetanei. Sembra che la proposta avanzata sia pensata innanzitutto non per garantire i diritti dei figli, quanto piuttosto per permettere di soddisfare l’aspirazione di genitorialità degli adulti, trasformando così un desiderio in un diritto. Ma questo è un campo in cui non ci può essere spazio per interessi di parte. I laici di azione cattolica hanno mostrato i loro dubbi soprattutto in merito alle forme utilizzate, in quanto le unioni civili finiscono per essere assimilate nei fatti al matrimonio, malgrado a parole il Disegno di legge dica una cosa diversa quando afferma che si tratta di “una specifica formazione sociale”. Tale redazione dà luogo ad ambiguità che nasce, evidentemente, dalla necessità di raggiungere un compromesso tra idee, culture, sensibilità e interessi differenti. Il sistema democratico ha il dovere di ascoltare le multiformi voci, ma soprattutto ha il dovere di scrivere leggi chiare, soprattutto su temi così importanti e delicati. Bisogna evitare equivoci e vuoti normativi che possono dar vita a gravi conseguenze.

Concludo con una domanda che ciascuno dovrebbe porsi, al fine di trovare un fragile equilibrio in queste lontani e discordanti posizioni: io, sono diverso da chi?

Carmela Rita De Rosa