AVVENTO DI CARITA’: LA MISSIONE DI DON VINCENZO

La redazione del giornale ha incontrato don Vincenzo Miranda, vice parroco presso la parrocchia Immacolata Concezione, il quale ha ricevuto da pochi mesi un incarico importante, ovvero quello di cappellano del carcere di Poggioreale. “Il Vescovo Francesco – ci spiega – ha voluto fortemente, all’interno della riforma della curia e dei vicariati di carità e giustizia, un’attenzione alla realtà detentiva, non intesa solo come realtà delle carceri, bensì come affidamento delle famiglie, gestione delle pene alternative”.
La realtà carceraria è fatta di sovraffollamento, disagi e difficoltà ma, in una visione cristiana, la Chiesa è il soggetto che si fa carico di queste sofferenze. Il detenuto non viene visto come una persona da recludere buttando la chiave, bensì come una persona che deve ricevere l’annuncio della salvezza e della liberazione.
Don Vincenzo ci spiega che sembra facile parlare di misericordia, accoglienza, carità, ma non lo è quando queste parole incrociano la vita del carcerato, il quale, per molti, non è degno di alcuna assoluzione. Invece, è proprio qui che la Chiesa deve compiere la missione di Cristo: essere misericordiosa e pronta al perdono, annunciando una liberazione per tutti e per ciascuno, anche per il detenuto.
All’interno della riforma che ha investito la chiesa diocesana, è stato creato il vicariato della carità e giustizia, affidato a don Aniello Tortora, con il compito di coordinare i diversi uffici, tra cui la Caritas, la pastorale sociale del lavoro, e la nascente attenzione alla realtà carceraria. “Nelle nostre realtà diocesane, abbiamo delle aree particolarmente sensibili – racconta don Enzo – come il Piano Napoli, Ponte Citra, il 119 a Pomigliano, a Brusciano, a Cisterna, a Gescal, a Quindici. La Chiesa diventa soggetto attivo di questa opera di carità, con il compito di aiutare i detenuti ad essere consapevoli del peccato commesso. La Chiesa getta il seme del perdono, affinché il detenuto possa essere ricondotto alla consapevolezza del danno compiuto per riscoprire un valore ed una funzione nuova della vita”.
La realtà carceraria della Campania e, soprattutto, della provincia di Napoli è nota a molti. Si rileva la drammatica situazione in cui versa Poggioreale, un carcere in continuo e perenne sovraffollamento, nato per accogliere circa 1200 detenuti e ne ospita 2300, con picchi anche di 3000. Una struttura fatiscente, manchevole di tante strutture e di tanti servizi. Tale mancanze generano sempre più una funzione men che meno rieducativa, anzi rischia di restituire persone peggiori di come sono entrate. Allo stato esiste un progetto di un nuovo carcere nella zona nolana di Boscofangone che dovrebbe trovare vita per il 2022, capace di accogliere circa 3000 persone.
Don Vincenzo ci racconta, che la realtà carceraria è fatta di una moltitudine di persone, il criminale, il camorrista, il mafioso, tante categorie di persone (omosessuali, transessuali, tossicodipendenti, carnefici di violenza sulle donne). Ci sono anche altre realtà, come lo scippo, le multe per tasse non pagate. Avere una struttura funzionale all’accoglienza di tutti è necessario per evitare il rischio di assoggettamento. All’interno del carcere, il detenuto costa mediamente allo Stato italiano, ogni giorno, circa trecento euro, una cifra inaudita. E ciò nonostante, spesso, succede che il detenuto non ha tutta l’assistenza. Poggioreale rappresenta la punta dell’iceberg della fatiscenza delle strutture carcerarie. Manca tutto e questo genera un assoggettamento pericoloso. Chi non ha beni di prima necessità viene assoggettato da chi li ha, più ricchi e potenti. Il carcere si trasforma in una università della camorra, dove vi sono ricatti psicologici, ma anche materiali. Per non parlare degli ex detenuti, che stanno peggio di prima, senza nulla e con il peso della società sulle spalle. Continua don Vincenzo: “L’unica cosa che veramente li ferisce è vedere tagliati quei rapporti importanti, non vedere crescere i propri figli, non essere vicino ai loro cari per l’ultimo saluto. La finalità della Chiesa è aiutare queste persone a capire che la vita può essere spesa anche in un altro modo, che non esiste solo il potere economico e la prepotenza. È gente che, molto spesso, non sa nemmeno che esiste una società civile. Sto facendo un censimento statistico per capire la popolazione carceraria di Poggioreale e di Secondigliano e, poi, compararla a tutta la popolazione campana. Non solo della popolazione detenuta, ma anche quella dei domiciliari. C’è da fare una sorta di censimento, capendo, territorio per territorio, paese per paese, popolazione per popolazione”.
L’impegno di don Vincenzo è nell’essere un faro puntato dall’interno nella realtà detentiva, di ogni genere, cercando così anche di fare luce sulle famiglie, con attenzione alle pene alternative e alla possibilità di affidi.
Un coordinamento che fa da gancio tra l’ispettorato generale dei cappellani, istituto dipendente dal Ministero della Giustizia, e la realtà diocesana. La volontà di don Vincenzo è di creare non un ufficio, bensì un vero e sentito servizio, che si concretizza in una prima iniziativa “Avvento di carità”. Una raccolta di beni di prima necessità, di igiene personale, vestiario, che può essere consegnato alle proprie parrocchie e che sarà, poi, affidato ai volontari, i quali provvederanno a distribuire tali beni ai detenuti di Poggioreale.
Tanto per iniziare a fermare quella logica di assoggettamento e testimoniare invece una logica di carità e giustizia.