Il viaggio, metafora pedagogica, in un’ottica interculturale

Fin dall’inizio l’umanità si è posta in viaggio. Scoprire nuove terre di caccia e di raccolta, gli incontri, gli scontri, la ricerca di un “proprio” posto, la voglia di confrontarsi con realtà diverse, il desiderio di cambiare, di ricercare, hanno spinto gli uomini di ogni tempo ad allontanarsi dalla loro “casa”. La nostra stessa vita è un viaggio scandito da incontri, esperienze, migrazioni o cambi di rotta. Quante volte oggi parliamo di viaggi: viaggi di vacanza, è vero, ma anche viaggi di avventura, culturali, o addirittura, viaggi di speranza. Nel viaggio o nei viaggi l’esistenza umana si è formata e si forma; con i viaggi, anche virtuali, le menti si aprono, ci si avvicina agli altri, a chi è diverso, a chi è lontano. Il viaggio può allontanare, ma, in un’ottica culturale, è occasione di accostamento a realtà che, a volte, possono essere percepite molto distanti. Il viaggio o i viaggi hanno tutti delle costanti: partenza-distacchi, movimento-fantasie, arrivo-confronti; sono momenti che si avvicendano e non sempre seguono un percorso lineare. In questi momenti avvengono cambiamenti interiori: l’immaginato diviene reale, lo sperato diviene certezza, il desiderato un’illusione; si può diventare più forti, ma si può anche sbandare; si può andare avanti e si può anche decidere di tornare indietro. Il viandante, il pellegrino, il migrante si pongono nei confronti del nuovo, dell’incognito con un atteggiamento di fiducia e di conoscenza, con una mentalità di cambiamento, con lo spirito dell’accoglienza delle diversità. Anche chi accoglie dovrebbe porsi nei confronti di chi arriva da un lungo viaggio con lo stesso atteggiamento, con la stessa mentalità. L’incontro tra colui che viaggia e colui che accoglie non sempre è facile: la presunzione di ‘essere’, l’incapacità di porsi dal punto di vista altrui, spesso il ‘non conoscere’, condizionano negativamente l’approccio e le conseguenti relazioni. Nonostante le paure e le chiusure, la società che sta nascendo è globalizzata, plurilingue, informatizzata, in cui il locale è sempre più contaminato dal globale, in cui si afferma un nuovo tipo di cittadinanza che il filosofo pedagogista Edgar Morin chiama “planetario”. In questo contesto, da più parti, si richiede una nuova riflessione socio-pedagogica che trova la sua concretizzazione nella promozione dell’incontro tra le diverse culture, tra le diverse etnie, cercando nelle differenze i punti di forza di ciascuno, salvaguardando le originalità, ma dialogando e confrontandosi sulle diversità; ricercando ciò che accomuna e valorizzando ciò che distingue. Chi si mette in viaggio sa di dover conoscere, accogliere e rispettare una nuova cultura e, contemporaneamente, essere accolto da essa; sa che dovrà destrutturare la propria identità per poter capire l’identità altrui e formare un’identità comune. Valorizzare pedagogicamente il viaggio e ciò che in esso è sotteso, può aiutare ad entrare pian piano nella “cultura” dell’interculturalità ed “acquistare una mentalità di cambiamento, una spiritualità da viandanti, un pensiero nomade”.

Maria Carmela Carillo