Le ACLI a sostegno del sociale

Dove non arriva la politica l’associazionismo vero pone le basi per azioni concrete tese a dare man forte alle fasce sociali più deboli. È il caso dell’accordo nazionale preso con le province di Roma, Milano e Trieste delle Acli dal segretario di Presidenza Provinciale della città Metropolitana di Napoli Bruno Cammarota.

L’atavica carenza di sostegno e di strutture dedicate ai diversamente abili non può più essere tollerata: è necessaria un’azione che integri la monca legge sul Dopo di Noi, varata qualche mese fa dal Governo, che non prevede granché per il futuro delle famiglie non abbienti all’interno delle quali vive una persona disabile o non autosufficiente. La legge prevede, infatti, una forma di “Trust” che alieni, a mezzo di un soggetto garante, i beni posseduti dalla famiglia a sostegno futuro dell’esistenza più o meno dignitosa del congiunto disabile. Nel caso specifico il soggetto garante sarebbe lo stesso Governo che andrebbe a gestire i beni familiari fino all’esistenza in vita del destinatario per poi acquisirli a beneficio di altre persone diversamente abili. Non basta, non può bastare perché la stessa legge non prevede niente per chi non ha nulla: dice di ricorrere alle strutture esistenti. E qui da noi dove sono? Vada per il centro-nord, che è abbastanza attrezzato, ma il sud ha una carenza di strutture tale da non dare alcuna speranza al disabile che resta solo, tranne residenzialità in “ospizi” che, purtroppo, vengono alla cronaca per ben altri tipi di trattamenti di cura. Allora ecco l’idea: una forma di mutualità che tenga conto di questa necessità. La famiglia che può mette da parte una cifra mensile, destinata alla sopravvivenza dignitosa del congiunto quando ne avrà bisogno, quella che non può, invece, fa ricorso all’elemento moltiplicatore pensato: la comunità, sia essa parrocchiale, laica, associativa, ecc…

La comunità “adotta” il disabile versando, secondo le possibilità individuali (anche un solo euro!) una cifra mensile che andrà a formare il fondo per il suo “dopo di noi”, al posto della famiglia indigente. Garante del fondo, oltre le Acli, la Mutua creata e la comunità sarà il Vescovo della Diocesi interessata. Un controllo sicuro e multiplo che garantirà la destinazione del fondo con certezza. Se nel corso degli anni la persona viene a mancare ecco che il fondo verrà destinato ad un’altra persona della stessa comunità o, in mancanza, a quella di una comunità indicata dalla stessa diocesi o, in ulteriore alternativa, alla casa famiglia che, nel frattempo, è stata istituita in zona. Si, perché si prevede anche la costituzione di cooperative di famiglie al cui interno vive un disabile che possano gestire strutture idonee ad ospitare persone disabili rimaste sole al mondo o comunque che non possano essere accudite in alcun altro modo. Le strutture saranno realizzate utilizzando beni confiscati alla malavita organizzata oppure edifici religiosi dismessi, e qui l’intervento dei Vescovi, per l’attuazione evangelica di tutti i passi relativi alla carità e all’amore per il prossimo, è fondamentale.

L’incontro delle quattro province, avvenuto a Milano lo scorso 26 maggio, ha sancito proprio la nascita di questo ambizioso quanto necessario progetto e, qualche giorno fa, è stata depositata la prima richiesta di affido di bene confiscato presso il consorzio S.O.L.E., a Napoli, che gestisce tali proprietà. La richiesta è stata formulata per un appartamento sito nel comune di Boscotrecase, di ampia quadratura, accessibile, che potrebbe segnare l’inizio di una nuova storia che andrebbe finalmente a sostituire tutte quelle che troppo spesso non vedono un lieto fine.

Bruno Cammarota.