POCO LAVORO E MOLTO SOCIAL

Sono circa dieci anni che i social network sono entrati a far parte stabile della nostra vita. La capillare diffusione di internet, prima, e l’avvento degli smartphone, poi, che ci permettono di essere costantemente connessi, ci danno quasi la sensazione che non si abbia una vita sociale se non si è presenti sui social network. La cosa che più ci piace, poi, è che è tutto gratis. Ma lo è davvero? Nessuno paga?
In realtà, paghiamo noi tutti “cedendo” tutti i dati della nostra vita: il nome, l’età, che lavoro facciamo, se siamo fidanzati, che gusti abbiamo, se abbiamo moglie e figli, se andiamo ai mercatini di Natale o in vacanza a Varcaturo. In questo modo, i vari social network possono “vendere” la nostra vita per quattro spiccioli a chiunque voglia farci comprare una lavatrice, uno shampoo, una casseruola, in modo che la pubblicità che ci invoglia all’acquisto sia sempre più mirata ed efficace.
Mentre, prima, era centrale la televisione, che forniva intrattenimento “gratis” alle famiglie e, sporadicamente, infilava la pubblicità pagata dagli inserzionisti, oggi, ci sono i social network che adottano diversi sistemi di promozione pubblicitaria.
Da un lato, abbiamo le classiche inserzioni: un piccolo video o delle classiche campagne promozionali; dall’altro lato, abbiamo i “nuovi” modi di fare pubblicità: gli influencer. Cos’è un influencer? Beh, nulla di nuovo, sono i cari vecchi bei testimonial che, nell’era dei social network, hanno cambiato nome mantenendo le stesse funzioni. Trovi sempre la modella che indossa gli abiti di quella marca, il famoso di turno che beve l’amaro tal dei tali o la nuova massaia che ti racconta quanto è facile fare il dolce della nonna col nuovissimo frullatore.
La cosa che veramente è cambiata è il controllo su quello che si pubblicizza. Mentre, per la pubblicità classica su giornali, radio e televisione, si passa sempre al vaglio di un editore che, in qualche modo, ci mette la faccia, sui social network questo controllo non esiste e, quindi, si riduce alla buona fede di chi fa l’inserzione.
Ed ecco che troviamo il rimedio dimagrante “magico” che va contro ogni buona regola medico-nutrizionale, modelli di bellezza a dir poco preoccupanti, annunci di scoperte medico-scientifiche, del tutto campate in aria, che convincono la gente che la “medicina ufficiale” li stia truffando, politici che affermano tutto, e il contrario di tutto, da un giorno all’altro.
Se una figura nuova è ri-nata nel mondo del lavoro, legato ai social network, questa è quella dell’imbonitore. Siamo nuovamente dinanzi al venditore di fumo che, arrivato in città col suo carretto, porta chissà quale introvabile prodigio dal lontano oriente.
Questo crea spazio a nuove figure: i debunker. Cos’è un debunker? È il grillo parlante di Pinocchio che, mentre Lucignolo gli racconta del Paese dei Balocchi all’orecchio, gli ricorda di non credere a queste fandonie. I debunker sono quelle persone che, esperte in qualche campo, pian pianino, si mettono a verificare i fatti e a smascherare le tante fandonie che si leggono sui social network. Voglio fare qualche nome (provate a cercarli sul web): Dario Bressanini, Massimo Polidoro, David Puente, Paolo Attivissimo.
Ecco, spero che, guardando cosa fanno questi signori, tanti giovani si appassionino alle cose fatte bene, alle cose ragionate e alle cose pensate.